Mortadella e prosciutto cotto: scopri chi fa davvero male alla salute

La differenza tra mortadella e prosciutto cotto spesso alimenta discussioni tra chi è attento alla salute e desidera trovare un equilibrio tra gusto e benessere. Entrambi sono prodotti iconici della tradizione italiana, ma presentano differenze rilevanti dal punto di vista nutrizionale e degli effetti a lungo termine sull’organismo. L’analisi più recente dei dati disponibili evidenzia caratteristiche distintive in termini di contenuto calorico, grassi, sodio e presenza di conservanti, che incidono direttamente sul profilo di rischio legato al consumo abituale di questi salumi.

Composizione nutrizionale: le differenze sostanziali

Dal punto di vista nutrizionale, la mortadella si distingue per un contenuto di calorie e di grassi totali sensibilmente più elevato rispetto al prosciutto cotto. In particolare, la concentrazione di grassi saturi nella mortadella è significativa: si tratta dei lipidi più dannosi per il sistema cardiovascolare, che innalzano il colesterolo LDL e, a lungo termine, aumentano il rischio di patologie coronariche e vascolari.

Al contrario, il prosciutto cotto si presenta generalmente meno calorico e contiene una quantità inferiore di grassi saturi, pur essendo comunque un salume lavorato che apporta una quota consistente di sale e conservanti.

  • Mortadella: più grassa e calorica, con una percentuale significativa di grassi saturi.
  • Prosciutto cotto: meno grasso e meno calorico, ma comunque ricco di sodio.

Inoltre, è importante considerare il profilo proteico: entrambi i salumi offrono una discreta fonte di proteine di origine animale, ma la presenza di grassi non va trascurata nel bilancio complessivo.

Rischi per la salute: tra tumori e malattie croniche

Sia la mortadella che il prosciutto cotto rientrano a pieno titolo nella categoria delle carni trasformate. Questo significa che nella loro lavorazione vengono aggiunti ingredienti e additivi (come nitriti, nitrati, altri conservanti e aromi), motivo per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità li inserisce tra i prodotti il cui consumo regolare è associato a un aumento del rischio di alcune patologie croniche.

Il rischio evidenziato da numerose ricerche internazionali riguarda soprattutto la comparsa di tumori dell’apparato digerente, in particolare il carcinoma del colon-retto. In una revisione globale sulla letteratura, è stato riscontrato che la consumazione quotidiana di 50 grammi di carne processata (quantità facilmente raggiungibile con una porzione di salume) incrementa il rischio relativo di tumore al colon retto del 16% ogni 50 g. Chi consuma ogni giorno cento grammi di questi prodotti raggiunge un rischio superiore del 30% rispetto a chi non consuma carni lavorate.

Oltre al rischio tumorale, un eccessivo apporto di sodio e grassi saturi può favorire l’ipertensione, aggravare o predisporre patologie cardiache e aumentare lo stato infiammatorio dell’organismo.

Quale salume fa davvero più male?

Il maggior impatto negativo sulla salute, secondo le analisi nutrizionali più aggiornate, sembra attribuirsi alla mortadella. Questo prodotto vanta sì una morbidezza e un sapore più ricco, ma il suo contenuto di grassi saturi e la sua densità calorica la rendono meno indicata per chi vuole mantenere uno stato di salute ottimale. L’eccesso di grassi saturi è uno degli elementi che più contribuisce ai processi infiammatori sistemici e alle malattie cardiovascolari.

Il prosciutto cotto, pur essendo un prodotto lavorato e portando con sé analoghi rischi associati all’elevata quantità di sale e conservanti, risulta generalmente preferibile grazie a un profilo lipidico migliore. Tuttavia, non deve essere considerato un alimento privo di rischi: un uso frequente e smodato, soprattutto fuori da una dieta varia e ricca di fibre, aumenta il rischio di sviluppare malattie croniche come diabete, ipertensione e alcuni tipi di tumore.

È fondamentale ricordare che tutti i salumi – compresi prosciutto cotto, prosciutto crudo, salame e mortadella – sono raggruppati tra le carni lavorate, e dunque associati potenzialmente a rischi per la salute se consumati regolarmente e in quantità elevate.

Quantità consigliate, frequenza e strategie per limitare i rischi

Le linee guida nutrizionali più recenti suggeriscono fortemente di limitare la frequenza e la quantità di consumo di salumi. Una dose indicativa, per esempio, consiste in 50 grammi (circa due fette) da consumare non più di due o tre volte alla settimana. Questo vale sia per la mortadella sia per il prosciutto cotto.

Un modello alimentare bilanciato, ricco di fibre vegetali, cereali integrali, verdure e frutta, contribuisce a ridurre i rischi e attenuare l’impatto degli eventuali composti nocivi presenti nei salumi.

  • Prediligere una varietà alimentare ampia, riducendo la frequenza dei salumi.
  • Accompagnare i salumi con abbondanti verdure e fibre, che riducono l’assorbimento delle sostanze dannose.
  • Idratarsi adeguatamente per facilitare l’eliminazione delle tossine.
  • Optare, dove possibile, per prodotti con etichettatura senza nitriti e poveri di sale aggiunto.

Effetti sulle persone con patologie specifiche

Chi soffre di patologie infiammatorie (come gastriti, colon irritabile, sindromi infiammatorie croniche) dovrebbe ridurre al minimo il consumo di qualsiasi tipologia di salume, sia insaccati che non insaccati. Il contenuto pro-infiammatorio di sale, conservanti e grassi saturi tende ad aggravare la sintomatologia e aumentare l’infiammazione sistemica.

Il ruolo dei salumi in una dieta preventiva

La ricerca scientifica internazionale, inclusa l’ampia revisione del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, sottolinea l’importanza di limitare le carni trasformate per la prevenzione primaria di tumori e altre malattie croniche. Diversi studi suggeriscono che, se inseriti nel contesto di una dieta prevalentemente composta da alimenti vegetali, i salumi possono essere consumati occasionalmente senza elevare i rischi a livelli critici, purché non si ecceda nelle quantità.

In definitiva, tra mortadella e prosciutto cotto, il primo prodotto è generalmente considerato più dannoso per la salute, soprattutto per la sua densità di grassi saturi e apporto calorico. Tuttavia, l’unico vero alleato per la prevenzione è la moderazione: nessun salume può essere definito del tutto sicuro se consumato frequentemente, mentre l’equilibrio e uno stile di vita sano rappresentano la migliore strategia.

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