La convinzione di essere a basso rischio cardiovascolare è sempre più frequente tra chi conduce uno stile di vita sano e si sottopone regolarmente a controlli medici. Tuttavia, capire davvero cosa significhi appartenere a questa categoria e se sia possibile abbandonarsi alla tranquillità completa richiede attenzione ai dettagli, conoscenza dei parametri clinici e consapevolezza dei numerosi fattori che possono influenzare la salute del cuore e dei vasi sanguigni.
Cosa si intende per basso rischio cardiovascolare
Secondo le principali linee guida, una persona viene classificata a basso rischio cardiovascolare quando presenta condizioni favorevoli relativamente a tutti i principali fattori di rischio coinvolti nello sviluppo di malattie cardiache e vascolari. Questi includono una pressione arteriosa inferiore o uguale a 120/80 mmHg senza necessità di farmaci, un valore di colesterolemia totale inferiore a 200 mg/dl, una assenza di diabete, non essere fumatori e un indice di massa corporea (IMC) inferiore a 25 kg/m². Un profilo così positivo si traduce in una riduzione significativa della mortalità e della probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari nel corso della vita, oltre che in una migliore qualità di vita anche in età avanzata.
Tuttavia, è importante sottolineare che nelle popolazioni dei Paesi industrializzati, solo il 5-10% delle persone in età media rientra nei parametri del basso rischio, dimostrando quanto siano rare sul piano statistico queste condizioni ottimali.
Come viene valutato il rischio: algoritmi e margini numerici
La valutazione del rischio viene ormai effettuata tramite calcolatori dedicati, come l’algoritmo HeartScore o le applicazioni per la stima del rischio raccomandate dalla Società Europea di Cardiologia. Secondo queste stime, si definisce una persona a basso o moderato rischio se la probabilità di sviluppare eventi cardiovascolari maggiori (infarto, ictus, morte cardiovascolare) rimane sotto i seguenti limiti:
- Meno del 2,5% in 10 anni per chi ha meno di 50 anni.
- Meno del 5% in 10 anni tra i 50 e i 69 anni.
- Meno del 7,5% sopra i 70 anni.
Questi valori sono il risultato di numerosi studi epidemiologici e seguono la logica che, più i fattori di rischio sono sotto controllo, minore sarà la probabilità di incorrere in eventi avversi nel prossimo decennio. Nei soggetti a basso rischio, le terapie farmacologiche come le statine sono generalmente non indicate, mentre divengono importanti se il rischio sale o se si aggiungono ulteriori fattori aggravanti come il fumo o la presenza di sovrappeso.
Limiti della “tranquillità”: il rischio cardiovascolare zero non esiste
Sebbene un profilo di basso rischio garantisca un numero significativamente inferiore di eventi cardiaci rispetto a chi presenta condizioni sfavorevoli, la rassicurazione assoluta non è possibile. Il principale motivo risiede nel fatto che il rischio cardiovascolare è il risultato di una combinazione complessa di fattori, molti dei quali mutano nel tempo o sono in parte non modificabili, come la predisposizione genetica. Ad esempio, anche se i valori di colesterolo LDL (il cosiddetto “cattivo”) sono al di sotto del valore di 100 mg/dl, ciò non mette al riparo con certezza da infarti o ictus, poiché la presenza di altri elementi come ipertensione, diabete, fumo, sedentarietà e familiarità può comunque alimentare il rischio.
Inoltre, la prevenzione alimentare e comportamentale rimane fondamentale perché la malattia cardiovascolare spesso si sviluppa in modo silente, partendo da lesioni microscopiche delle pareti arteriose che, in assenza di sintomi, evolvono causando restringimenti (stenosi) e, nei casi peggiori, formazione di placche aterosclerotiche e trombi.
Cosa dovresti continuare a fare anche se sei a basso rischio
- Monitorare periodicamente i principali parametri (pressione, colesterolo, glicemia, peso, IMC, frequenza cardiaca) tramite controlli regolari dal medico.
- Mantenere uno stile di vita sano: dieta mediterranea ricca di verdure, legumi, cereali integrali, ridotto apporto di grassi saturi, sale e zuccheri aggiunti.
- Praticare attività fisica almeno 150 minuti a settimana di attività aerobica moderata o 75 minuti di attività intensa.
- Non fumare e limitare il consumo di alcolici.
- Controllare il peso e il girovita, in particolare se si tende a una distribuzione viscerale del grasso, responsabile di peggiorare il profilo metabolico.
Anche in presenza di un quadro favorevole, è fondamentale mantenere l’attenzione viva perché il rischio può variare nel corso della vita, soprattutto con il progredire dell’età o con l’insorgenza di malattie come diabete o ipertensione.
Quando preoccuparsi di più e quali segnali osservare
L’essere in fascia di basso rischio non significa ignorare eventuali sintomi, anche se si è convinti di essere “protetti”. I campanelli d’allarme che devono sempre far consultare prontamente il medico includono:
- Dolore toracico, soprattutto se irradiato al braccio sinistro, alla schiena o alla mandibola.
- Palpitazioni o improvvisa variazione della frequenza cardiaca.
- Fiato corto anche a riposo.
- Improvvisa debolezza, intorpidimento o paralisi di una parte del corpo.
- Svenimenti o capogiri inspiegabili.
Questi segnali possono essere espressione di un infarto o di un ictus e non devono mai essere sottovalutati, indipendentemente dal profilo di rischio stimato precedentemente.
In conclusione, la classificazione a basso rischio cardiovascolare rappresenta senz’altro una condizione favorevole e associata a minori eventi avversi nella popolazione generale. Tuttavia, non equivale a rischio zero, né autorizza a interrompere i controlli o negligere lo stile di vita. La prevenzione continua, l’informazione e il confronto regolare con il proprio medico rimangono i pilastri per mantenere nel tempo la salute del cuore e dei vasi.